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Raffaele Bovenzi

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Uno dei ricordi più belli della mia infanzia è legato al Santo Natale, perché quei giorni rappresentavano un avvenimento particolarmente gradito: la realizzazione del caratteristico “albero” al quale mio padre si dedicava anima e corpo.

Partecipavo alla realizzazione non tanto fisicamente perché ero ancora piccolo, ma il ricordo di quei momenti e dell’atmosfera che si creava è sicuramente uno di quelli che non si possono mai dimenticare. 

 

L’albero immortalato in questa foto 

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non è tanto bello rispetto ai tanti realizzati negli anni da quel vero specialista che era Federico.  I suoi alberi dovevano essere veri ed altissimi, almeno fin quanto permetteva il soffitto di casa; dovevano essere zeppi di palline, di “pazzielle e ciucculata” con giochi di luce impensabili per l’epoca i cui venivano creati da mio padre.

 

Questo nella foto è un albero “finto” e per giunta con i rami bianchi, odiato da mio padre che come ho detto prediligeva gli alberi “vivi” perché doveva sentirne il profumo, l’odore speciale che faceva veramente l’atmosfera natalizia.

Quello che è abbastanza evidente nella foto è l’avversione verso gli alberi finti, perché come ho detto si tratta di uno degli alberi di Natale più “arronzato”.

Mettendo a confronto la foto precedente, con questa

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spina intermittente

anni 50

la differenza appare abbastanza evidente, anche se sono stati realizzati a distanza di diversi anni.

Nulla era lasciato al caso, i fili delle luci dovevano mimetizzarsi nei rami, le palline erano disposte con criterio, equilibrio ed una precisa distribuzione: la stessa quantità per ogni ramo, le più piccole sopra e le più grandi sotto, i fili argentati allineati e perfetti; una maniacale disposizione che non lasciava nulla all’improvvisazione.

Nella foto si nota l’altezza che se ci fate caso (confrontata con il lampadario a sinistra della foto) arriva quasi al soffitto, e parliamo di un soffitto di una casa “antica” il che significa non meno di 5 metri.

Gli alberi, poi, non dovevano essere mai uguali, ogni anno dovevano avere una caratteristica nuova, una novità inaspettata.

La realizzazione dell’albero (così come fanno i presepisti) iniziava molto tempo prima del Natale, perché papà incominciava a costruire con i “pisellini” e il filo verde, le serie di luci da apporre sull’albero; inventava e costruiva “aggeggi” fatti per l’accensione e lo spegnimento delle luci in modo da darvi una precisa cadenza. Non si accontentava, come tutti della semplice “spina a intermittenza” che era una particolare presa (oggi sostituita con l’elettronica cinese) che attuava lo spegnimento e l’accensione delle varie serie di lampadine.        

Papà doveva creare effetti speciali! le luci dei suoi alberi si dovevano accendere e spegnere con ritmi e regolarità con una alternanza di luci, prima quelle di un colore, poi quelle di un altro, poi tutte insieme, lampeggiavano e si dissolvevano. Proprio come avviene oggi con le diffusissime strisce di led. Sembra una bazzecola, ma se pensiamo agli anni in cui le realizzava mio padre si intuisce la grandezza e la genialità.

Si, mio padre per me era un “genio”, perché veramente le sue realizzazioni erano fantastiche, non solo agli occhi di un bambino, ma anche per le persone che poi venivano ad ammirare il nostro “albero”.

Oggi le sue costruzioni sembrano sciocchezza messe a confronto con la tecnologia che conosciamo, ma papà le creava con mezzi di fortuna e materiale che riusciva a racimolare, senza spendere grosse cifre e con quello che a quei tempi, e parlo degli anni 50 era possibile trovare. Tutto veniva creato con motorini elettrici di automobiline o trenini non più in uso, carillon, spine e spinotti, carta stagnola, mollette per i panni, cartone e cartoncino e perfino, ricordo una volta gli servì il tubo del rotolo della carta igienica. Materiale che messo insieme dalle sue mani esperte creava ai miei occhi, e non solo, fantastiche coreografie di luci ed emozioni.

E i momenti di gioia e stupore che vivevo vicino a lui durante la progettazione e costruzione di questo materiale è indimenticabile, e non posso scordare la sua e la mia immensa soddisfazione nel vederci felici e raggianti quando, dopo prove e tentavi, la sua opera funzionava perfettamente come lui desiderava.

Un anno, con un registratore a nastro che da poco avevamo acquistato, nascosto alla base dell’albero con un altoparlante fece in modo che ai giochi di luce si accoppiasse anche la musica delle canzoni natalizie.

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La realizzazione dell’albero, come ho detto iniziava abbastanza in anticipo, e a volte terminava, data la complessità, giusto la vigilia e giusto in tempo per apporci sotto i regali. 

 

Così come era precoce la realizzazione, altrettanto tardivo era il disfacimento.

 

Tanta complessità nella realizzazione richiedeva altrettanta attenzione per riporre le palline, che erano fatte di un vetro fragilissimo (e non di plastica come adesso) e la conservazione delle serie di luci che non dovevano attorcigliarsi nel riporle. 

 

C’era il dispiacere di togliere alla vista tutto quello splendore di luci e per queste motivazioni il disfacimento veniva rimandato con banali scuse e a volte superava di gran lunga la “befana”, ossia il 6 gennaio che canonicamente rappresentava la fine dei festeggiamenti natalizi e la dismissione dell’albero.

 

Uno degli inconvenienti, quasi sempre motivo di piccoli litigi fra papà e mamma, era quello degli aghi di pino, che col passare del tempo, in seguito all’invecchiamento dell’albero “vero” incominciavano ad inondare il pavimento della casa.

 

Ebbene, quel tappeto verde ed oro che si formava a terra era per me un motivo di gioco, manco fosse neve o sabbia; li raccoglievo in un secchiello, li spargevo ovunque, nonostante i richiami e le esortazioni a smetterla fatte dalla nonna Caterina.

 

Erano gli ultimi utilizzi dell’albero, che aveva dato già tutta la gioia che poteva ed ora, prima di finire nella spazzatura riusciva ancora a farmi felice.

 

Dopo Natale si tornava a scuola felici e contenti in attesa delle prossime vacanze che in qualche modo cadenzavano la nostra vita (senza ponti e week end).

 

Aspettavo quelle più brevi della Pasqua e quelle estive, più lunghe, più desiderate e più felici perché a differenza di altre vacanze, le passavo tutte con i genitori che godevano delle “sudate” ferie dal loro lavoro.

 

Quando sono diventato padre, anche io ho fatto ai miei figli l’albero di Natale, a volte “vero” a volte “finto”, ma non ho avuto mai la stessa genialità e pazienza di mio padre; quello che mi meraviglia, nonostante la tradizione da bambino propendeva per l’albero e non per il presepe, io da grande ho preferito dedicarmi di più alla realizzazione del presepe e ho messo in pratica gli insegnamenti del papà realizzandoli con le luci nelle case, con la cascata d’acqua e con la musica.

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Ho provato ad emulare papà, ma con evidenti scarsi risultati

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Te piace 'o presepe !

Eduardo -
da Natale in casa Cupiello

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Felice e sorridente . . . sotto l'albero di Natale 
P.S. Le foto originali sono ovviamente in bienco e nero; sono state restaurate e colorate con un programma di fotoritocco.

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Natale in casa Bovenzi 
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