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Lettera a Marisa

08-01-2021 11:41

RAFFAELE BOVENZI

SOCIAL, RICORDI,

Lettera a Marisa

Ciao,ti scrivo nella speranza che un misterioso destino possa un giorno farti leggere questa mia lettera.....

Ciao,

 

ti scrivo nella speranza che un misterioso destino possa un giorno farti leggere questa mia lettera, che affido all’unico mezzo oggi in grado di diffondere qualcosa: “internet” che con le sue molteplici ed assurde invenzioni come “facebook”, “instagram”, “messenger” e via dicendo potrebbe fare “il miracolo”.

Perciò affido questa mia alla “rete” nella speranza che possa giungere a destinazione.

Sono Lello, quello che per un periodo della sua vita è stato il tuo dirimpettaio nel parco dove abitavamo, io scala B tu scala C, entrambi al terzo piano di Via Duca Ferrante della Marra n.3.

Il mio balcone aveva una favorevole posizione per ammirarti quando ti affacciavi alla finestra della cucina.

Perciò non c’è voluto molto per innamorarmi di te solo ad averti vista, io tredicenne sbarbatello, tu più grande di me, una bellissima e desiderabilissima ragazza.

Quando le mie attenzioni nei tuoi confronti si sono fatti sempre più insistenti, te ne sei accorta, e li hai accettati con un poco di diffidenza, ma con benevolenza.

Allora ho iniziato a inondarti di canzoni ad alto volume, per farti arrivare il mio pensiero, il mio desiderio, le mie aspettative, non avendo altro mezzo più efficace per comunicare con te. [1]

Un giorno però non è stato difficile nel momento in cui ti ho vista scendere, buttarmi a capicollo per le scale per raggiungerti in strada.

Mi sono precipitato per le scale e non so nemmeno io come sia riuscito a vedere la direzione che avevi preso fuori dal cancello, per poterti raggiungere.

Il mio passo più veloce del tuo mi ha consentito di avvicinarmi, ma il coraggio di parlarti mi è venuto quando ti sei accorta che ti seguivo e ti sei fermata e ci siamo trovati, finalmente, faccia a faccia, ed io potevo finalmente parlare con la ragazza dei miei sogni.

Volevo dirti quanto eri bella, quanto desideravo farti la corte, quanto avrei voluto stringerti e sentire la tua voce che non conoscevo ancora e . . . . . .

Ma evidentemente le parole sono rimaste solo nella mia mente, dal momento che a parlare fosti tu. [2]

Non ricordo cosa ci siamo detti, perché il cuore batteva forte, la mente era offuscata dalla tua ravvicinata presenza [3]; so solo che le tue parole mi hanno cambiato la vita, perché avevi accettato di poterci rivedere, di frequentarci.

Così abbiamo deciso un secondo appuntamento, mi avresti fatto un cenno dalla finestra, quando ci saremmo potuti vedere.

Mi hai salutato con un sorriso, i tuoi occhi mi hanno fatto un cenno d’intesa, e siamo andati ognuno per la sua strada; tu a continuare la tua commissione, io di corsa a casa, perché dovevo sfogare la mia gioia saltando e gridando, e non potevo certo farlo per strada.

Arrivato a casa ho acceso il mangiadischi e con il volume al massimo ho sfornato tutto il repertorio di canzoni d’amore, in primis Morandi e Pavone, che sembrava scrivessero le canzoni apposta per me.

Da quel momento, non ho vissuto solo per aspettare il tuo cenno, le ore ed i giorni mi sembravano interminabili e “fatti mandare dalla Mamma a prendere il latte” di Morandi non sembrava sortire effetti immediati.

Ho passato i giorni seguenti costantemente fuori al balcone, per fortuna era settembre, nell’attesa. E mai attesa fu più dolce e desiderata, mi sentivo felice e i dischi che ascoltavo iniziavano ad avere un'altra musica.

Poi è successo, un giorno con uno splendido sorriso dalla finestra di casa tua è partito il segnale convenzionale: scendiamo.

Questa volta le scale le ho fatte lentamente, perché non volevo accelerare ancora di più il mio cuore che batteva all’impazzata.

Ho messo il pantalone più bello e la camicia più simpatica, per fare colpo su di te, una mano nei capelli per aggiustarli (come erano neri e lunghi) e via.

Partiva il primo incontro della mia vita con una ragazza, una femmina, una donna bellissima, e la tua bellezza era per me, stavo per incontrare la ragazza dei miei sogni.

Per strada ti seguivo: andavamo in cerca di un posto in cui parlare senza essere visti da occhi indiscreti [4] e lungo la strada mi domandavo se fosse vero, se stesse accadendo veramente, se una ragazza così bella potesse dedicare le sue attenzioni a me.

E così è stato.

Ringrazio Dio che il mio primo amore sia stata tu, più grande di me, e sicuramente non al tuo primo incontro e certamente più esperta di me, perché non avrei mai avuto il coraggio di abbracciarti.

Ti ringrazio, perché hai capito, e mi hai stretto fra le tue braccia, hai dissolto la mia timidezza, facendomi sentire tutto il tuo profumo, facendomi accarezzare il tuoi capelli e soprattutto poggiando le tue labbra sulle mie in un bacio che non dimenticherò mai.

Il mio primo bacio, all’inizio ridicolo, labbra su labbra, un bacio a stampo come si dice oggi, ma tu delicatamente con esperienza, e senza offendere la mia imperizia, mi hai insegnato con calma ed esperienza, a baciare.

Tu Marisa sei stata la maestra più brava che potessi avere; le tue lezioni mi sono servite perché ho imparato ad amare le donne; mi hai “iniziato” alle gioie e ai dolori dell’amore, con naturalezza, con passione; ho fatto dono prezioso dei tuoi insegnamenti che poi ho messo  in pratica con altre ragazze questa volta con la certezza di saper baciare e soprattutto amare con dolcezza e sentimento, con una passione che non è mai violenza, ma desiderio consapevole di dare quello che una donna desidera.

Il modo comune di dire “il primo amore non si scorda mai” è assolutamente vero, almeno per me!

Non ho mai più provato quelle sensazioni che mi hai dato; non c’è stato mai più “il primo bacio”; sono stati tutti secondi.

Quelli scambiati con te sono stati unici e rimarranno unici per sempre; gli altri baci sono stati “altri baci”.

Cara Marisa, oggi dopo tanti anni ti confesso che mi dispiace di averti conosciuta quando non avevo esperienza con le ragazze, perché se fossi stato un poco più grande e già preparato all’arte dell’amore, avrei desiderato tanto, ma tanto andare con te oltre quei baci, che oggi mi fanno sorridere per la loro semplicità e castità e mi hanno lasciato il desiderio di quello che non c’è stato, di non averti potuto amare come meritavi di essere amata.

Ma non conoscevo il seguito delle lezioni d’amore e tu, giustamente come insegnante non potevi andare oltre il bacio; dovevo essere io, dopo il tuo incipit a proseguire nella maniera che mi avresti consentito (chissà cosa), ma è andata così.

I nostri successivi incontri sono proseguiti per poco tempo; giustamente ti sei stancata di me, dell’uomo dei baci (questo l’ho capito col tempo) e i tuoi cenni di incontro sono diventati sempre più rari ed un giorno la finestra non si è aperta più.

L’estate è finita e sono iniziate le scuole e le nostre strade hanno preso la direzione che aveva scritto il destino.

E’ stato bellissimo averti conosciuta ed amata ed è stato anche semplice e senza dolore averti persa.

Questa mia lettera è per ringraziarti, perché i ricordi legati a te sono belli, sono duraturi e quando riaffiorano alla mente si materializza la tua bellezza, rivedo il tuo corpo e sento il sapore fresco dei tuoi baci, dolci e appassionati.

Il tuo ricordo mi fa rivivere ancora oggi l’emozione vissuta con quel bacio, ancora oggi mi fa sorridere e dolcemente mi riporta i colori e gli odori della gioventù e vedo intorno a me le persone ed i luoghi dove abbiamo vissuto e la strada dove ci siamo baciati.

Forse nemmeno ti ricordi di me.

Forse nemmeno ti rendi conto del bene che mi hai fatto e delle conseguenze piacevoli che ha avuto la nostra breve conoscenza ed il nostro breve amore.

Forse non ci siamo veramente amati, perché l’amore è un'altra cosa, perché non ti ho corteggiata, come poi ho fatto con le altre ragazze, perché non ti ho fatto regali, non ci siamo scambiati la “fedina” che all’epoca si portava tanto, perché non abbiamo mai litigato.

E stato un “amore di gioventù” che come la gioventù “se ne è andato e non ritorna più“.

 

Tuo Lello

 

[1] (bella invenzione i telefonini)

[2] (chi sa che faccia di cazzo devo aver avuto in quel momento, a pensarci bene!)

[3] (era la mia prima volta a pochi centimetri da una ragazza)

[4] (I rapporti fra ragazzi all’epoca non erano così facili e semplici. Le ragazze non potevamo farsi vedere da sole con un ragazzo, se qualcuno che so, una vicina che non si faceva i fatti suoi, avesse riferito ai genitori di averla vista con un ragazzo erano guai)

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